Prosegue l’intervista con il direttore tecnico di Mozzanica, Mario Mignacca sulle tecnologie a riduzione di ossigeno.
Le domande che seguono affrontano più nel dettaglio gli aspetti tecnici, progettuali, normativi, assicurativi e i risvolti legati alla salute umana.
Quali sono i requisiti di ridondanza di un sistema antincendio a riduzione di ossigeno?
Un sistema antincendio non deve mai fallire, quindi sicuramente si dovrà sovra-progettare la produzione di azoto - anche perché una macchina potrebbe dover andare in manutenzione, senza pensare che debba per forza rompersi - e quindi è importante garantire in ogni caso il valore di azoto da introdurre all'interno dell'ambiente protetto.
Tale valore può essere modificato nel tempo anche a causa del fatto che variano le movimentazioni di materiale (soprattutto nei magazzini automatizzati).
Un magazzino pieno è diverso da un magazzino vuoto, perché naturalmente il volume d'aria disponibile è diverso in funzione della quantità di merci stoccate.
Inoltre dipende anche dalla tipologia di merci immagazzinate; se si cambia la tipologia di prodotti si dovrà valutare se queste possono essere introdotte all'interno dell'area protetta senza inficiare la capacità dell'impianto di garantire la prevenzione degli incendi.
Il progetto di un sistema antincendio a riduzione di ossigeno deve continuare a evolvere rispetto a quelle che sono le esigenze del cliente, le caratteristiche dell'involucro edilizio e la destinazione d'uso e i materiali presenti nei locali protetti.
Quali sono i principali requisiti progettuali di un sistema antincendio a riduzione di ossigeno?
Per progettare un sistema antincendio a riduzione di ossigeno si parte dalla composizione dell'atmosfera naturale con un valore del 21% di ossigeno. L'atmosfera naturale dovrà essere considerata come “inquinata” di ossigeno e quindi l'impianto deve compensare con una produzione di azoto che può essere al 99% di azoto puro, piuttosto che al 98%, al 95%, etc., a seconda del dimensionamento impiantistico in funzione della velocità di regimazione desiderata.
La rilevazione dei gas all'interno dell'ambiente protetto da un ORS è previsto dalla normativa: perché?
La rilevazione dei gas all'interno dell'ambiente sotto-ossigenato è un fattore chiave soprattutto per gestire la distribuzione dell'azoto all'interno dell'ambiente. Un fattore chiave è richiamato dalla stessa normativa che prescrive un numero minimo di sensori di ossigeno da distribuire. Rimane alla competenza progettuale capire dove posizionarli correttamente per fare in modo di non avere distribuzioni anomale, specialmente in prossimità di punti particolari (all'interno di vani chiusi, controsoffitti, sottopavimenti, cavedi, vicinanze delle pareti e porte, etc.). Tali punti sono critici non solo per la distribuzione dell'azoto sino a loro ma anche perché potrebbero dare luogo a dissipazione di ossigeno, rimasto “intrappolato”.
Perché è previsto che in un ambiente protetto da un sistema a riduzione di ossigeno debba esserci un sistema di rilevazione fumi?
Sebbene la norma abbia semplicemente consigliato la rilevazione dei fumi, questa è fondamentale all'interno di un ambiente sotto-ossigenato poiché potrebbero svilupparsi degli incendi covati che non vengono rilevati dai sensori di ossigeno, in quanto non in grado di distinguere tra ossigeno e ossido di carbonio.
Scegliere una rilevazione fumi conforme alla norma UNI 9795 o conforme ad altre norme di rispetto è una valutazione del progettista, tuttavia il sistema dovrebbe essere presente e distinto dalla rilevazione dei gas.
Potrebbe essere una valida alternativa utilizzare in combinazione sistemi predittivi termografici per rilevare il calore di un principio d'incendio. In ogni caso, il rischio prevalente è quello derivante da un malfunzionamento dell'impianto elettrico.
Le concentrazioni obiettivo in un locale protetto da ORS dipendono dai materiali stoccati; qual è lo stato dell'arte, in particolare per quanto riguarda ciò che è stabilito dalla UNI 16750?
L’attuale normativa UNI EN 16750 è una normativa ancora acerba perché ci sono diversi aspetti che possono essere migliorati soprattutto per quanto riguarda le concentrazioni target. Sono in atto discussioni sull'eventuale necessità di un abbassamento delle concentrazioni obiettivo; per contro si ridurrebbe la possibilità di frequentazione di personale delle aree (già adesso ci sono limitazioni temporali). Si sta ancora discutendo riguardo i sistemi di controllo per le concentrazioni e sistemi di distribuzione e anche l'accreditamento dei soggetti manutentori. La normativa è in fase di revisione per cercare di contemplare tutte le variabili necessarie.
Dal suo punto di osservazione privilegiato cosa vede riguardo lo sviluppo normativo ed al mercato della riduzione di ossigeno a scopi di prevenzione incendi?
Vedo chiaramente un interesse per la nicchia di mercato dell'ORS e per la possibilità di estendere la lotta agli incendi alla prevenzione oltre che alla protezione. Lo sviluppo normativo ha delle differenze a seconda degli standard internazionali. Il team UNI ha partecipato al gruppo di lavoro in comunità europea e la UNI 16750 oggi è una norma EN. C'è tuttavia una forte diffidenza internazionale, in ambito ISO; alcuni stati membri, ad esempio il Giappone e l'Australia, sono contrari all'adozione della norma in quanto inconciliabile con le loro norme cogenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, per il fatto dei lavoratori possano entrare in ambiente con meno del 18% di ossigeno.
Quali sono i requisiti per la qualifica dei fornitori di un impianto di riduzione di ossigeno?
Oggi la qualifica dei fornitori di un ambiente sotto-ossigenato non prevede requisiti normativamente definiti. Per produrre e per ideare un impianto a riduzione di ossigeno non abbiamo bisogno di requisiti particolari, se non essere dei tecnici antincendio, ovvero dei fornitori di materiale antincendio. Si stanno approcciando diversi competitors al mercato, ma questi compiti per garantire una qualità del servizio sufficientemente alta, dovrebbero possedere necessariamente una struttura aziendale e una capacità ingegneristica ben solida. I requisiti di qualità della SOA potrebbero essere un modello di riferimento per normare l’accesso al mercato di soggetti qualificati.
Che ruolo giocano le compagnie assicurative nello sviluppo della tecnologia antincendio basata sulla riduzione ossigeno?
Le compagnie assicurative giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo di una qualsiasi tecnologia antincendio. L'abbiamo visto con lo sprinkler; forse lo vedremo anche con la riduzione di ossigeno. Bisognerà far capire loro che il bene, con questo sistema, può essere efficacemente protetto alla fonte e non aspettare che l'incendio avvenga. Il ruolo fondamentale dei professionisti è quello di rafforzare la credibilità di queste applicazioni con solide progettazioni e con un robusto schema normativo di supporto.
Spostiamo ora l’attenzione sugli occupanti. Qual’è la formazione e i requisiti che deve avere chi entra all'interno degli ambienti di lavoro protetti da sistemi a riduzione ossigeno?
La formazione di chi deve entrare all'interno degli ambienti di lavoro protetti da sistemi a riduzione ossigeno è un passaggio fondamentale, perché questo personale sarà esposto a un tenore di ossigeno diverso rispetto a quello atmosferico. La norma UNI EN 16750 indica tempistiche di riferimento e modalità con cui accedere agli ambienti sotto-ossigenati. In particolare si deve evitare che gli occupanti vengano a contatto con "sacche" di azoto che potrebbero stagnare all'interno degli ambienti protetti, a causa di stratificazioni derivanti da differenze di temperatura. La normativa infatti parte dal presupposto che l'azoto immesso si dissipi all'interno dell'ambiente protetto in una maniera uniforme; questo potrebbe non essere sempre vero. Il progettista deve prevedere sistemi di ventilazione per aiutare i moti convettivi all'interno degli ambienti protetti. La ventilazione di questi ambienti è un concetto fondamentale da dover introdurre normativamente e a cui i gruppi di lavoro UNI e ISO si stanno dedicando, raccogliendo l'esperienza e i casi di studio necessari a far maturare una normativa (che si trova ancora allo stato di prima applicazione).
Un lavoratore all'interno di un ambiente protetto da un sistema a riduzione di ossigeno è esposto al rischio di ipossia. Di cosa si tratta, quali sono i segnali premonitori e i sintomi?
L'assorbimento da parte dei polmoni dell'ossigeno avviene perché all'interno degli alveoli la pressione è minore rispetto alla pressione dell'aria al livello del mare.
In condizioni di carenza di ossigeno i segnali premonitori sono il lieve stordimento, mal di testa, capogiro, sensazione di vomito, inappetenza.
La prima conseguenza è che il cervello ne risente con relativa perdita di lucidità. I primi sintomi possono essere paragonabili ad una ubriacatura; questi primi sintomi vanno peggiorando ed insorgono problemi di equilibrio, mal di testa, sensazione di vomito.
Se i sintomi aumentano vuol dire che questo è il segno che bisogna portarsi in situazioni di ossigenazione normale.
E quale atteggiamento deve tenere?
La progressione dei sintomi dell’ipossia in un ambiente sotto-ossigenato è relativamente lenta perché non si manifestano le condizioni di un soffocamento acuto. Pur essendoci tuttavia una fase di adattamento questa ha dei limiti e se la situazione progredisce la persona comincerà a sentirsi confusa, avere una minore coordinazione motoria ed una difficoltà ad eseguire azioni anche semplici (ovviamente in modo progressivo). Dai primi sintomi di malessere, in funzione della quantità di ossigeno a disposizione, l’aggravamento può essere più o meno veloce ma in ogni caso la persona ha il tempo di prendere dei provvedimenti, essenzialmente ritornando ad un ambiente in cui la quantità di ossigeno è normale. Difficile immaginare effetti acuti improvvisi a meno che la persona non abbia delle patologie pregresse valutate in fase di idoneità preliminare.
Quali norme comportamentali si dovrebbero tenere all'interno di un ambiente protetto da un sistema ORS per contrastare gli effetti dell'ipossia?
Il comportamento all'interno di un ambiente ipossico non è lo stesso che si può avere in situazione di normale presenza di ossigeno. Un’accortezza è aumentare l’idratazione perché ingerire liquidi contribuisce a fluidificare il sangue. Uno degli adattamenti del corpo umano alla carenza di ossigeno è l’aumento della gittata cardiaca perché il corpo per cercare l'ossigeno ingrandisce i globuli rossi, aumenta l'ematocrito e di conseguenza sangue diventa più denso. Bere molto contribuisce a fluidificare il sangue e diminuire i sintomi. Un’altra regola è ascoltare il proprio corpo e non andare mai in affanno. Il lavoratore, all'interno di ambienti sotto-ossigenati, può rallentare il ritmo, qualora si senta in affanno; all'inizio ci vorrà un certo numero di secondi per riprendere la condizione normale, man mano che ci si adatta bastano pochi secondi.
Quali sono i criteri di idoneità all'accesso per un lavoratore che sia impiegato in ambiente protetto da un sistema a riduzione di ossigeno?
Il buon utilizzo dell'ossigeno ambientale prevede che ci siano polmoni sani in grado di acquisirlo dall'ambiente circostante, un'attività cardiocircolatoria adeguata per poterlo distribuire e nel sangue ci sia una quantità adeguata di emoglobina che trasporti l'ossigeno dal polmone ai tessuti.
Quindi tutte le patologie gravi polmonari che impediscono una corretta diffusione dell'ossigeno a livello alveolare, tutte le patologie del sangue in cui c'è una diminuzione dell'emoglobina (le anemie o le alterazioni delle caratteristiche chimiche dell'emoglobina) e le patologie cardiache o cardiovascolari in cui il cuore non ha un'efficienza adeguata per portare carichi di impegno, sono delle controindicazioni all'idoneità per frequentare ambienti sotto-ossigenati.
Le patologie hanno un'importanza rilevante per qualsiasi attività lavorativa che richieda un certo impegno fisico ma naturalmente in condizioni di diminuzione della quantità di ossigeno disponibile tutto ciò assume un peso molto maggiore. Per valutare l’idoneità sono sufficienti, come primo livello, degli accertamenti standard (come la spirometria, l’esame del sangue con emocromo, una valutazione cardiologica con un elettrocardiogramma a riposo ed eventualmente sotto sforzo). La preparazione fisica è sicuramente importante per chi svolge attività non lavorative a quote in cui c'è una bassa disponibilità di ossigeno mentre una preparazione fisica specifica per il lavoratore non è strettamente necessaria.
La normativa in materia di ORS si è concentrata più sugli aspetti della prevenzione incendi che sulla sicurezza dei lavoratori, lasciando coprire tali aspetti alla normativa generale in materia di salute sul lavoro; qual è la sua opinione?
La tutela della salute e della sicurezza del lavoratore sono molto importanti e se forse a livello normativo è stata in parte trascurata anche in assenza di specifiche indicazioni normative va applicato il criterio della massima prudenza. Il datore di lavoro ha l'obbligo morale di mettere in atto quelle iniziative preventive e valutative per ottenere il criterio della massima prudenza e della tutela del lavoratore.
Dal punto di vista della medicina del lavoro, qual è la differenza tra uno spazio confinato inteso in senso tradizionale e gli ambienti dove la bassa concentrazione di ossigeno è mantenuta a fini di prevenzione incendi?
La differenza tra uno spazio confinato inteso in senso tradizionale e gli ambienti lavorativi a bassa concentrazione di ossigeno è fondamentale. Negli ambienti confinati tradizionali non sappiamo cosa può succedere, abbiamo una serie di elementi non noti; negli ambienti in cui è presente e funzionante un sistema a riduzione di ossigeno sappiamo quale composizione dell'atmosfera troveremo, quindi la quota di incertezza è ridotta al minimo. La normativa è ancora da migliorare però a tutt'oggi qualcosa di certo in materia di tutela della salute è definito.
Per accedere ad un ambiente protetto da un sistema a riduzione di ossigeno è necessario l'utilizzo degli autorespiratori?
L'utilizzo degli autorespiratori è ovviamente necessario laddove la percentuale di ossigeno sia molto bassa; sotto il 15% di concentrazione siamo già in una situazione in cui si potrebbero verificare dei problemi. Una persona anche nelle migliori condizioni possibili, in tale condizione, può avere qualche difficoltà nell’agire per tempi lunghi. È importante anche considerare qual è il tempo di permanenza in un ambiente sotto-ossigenato. Per un tempo limitato non ci si attendono grosse conseguenze mentre se i tempi si allungano, può essere necessario l’impiego di un autorespiratore.
Abbiamo detto che in un ambiente protetto da un sistema a riduzione di ossigeno possono manifestarsi degli incendi covati; quali rischi possono manifestarsi dal punto di vista della salute sul lavoro? E quali precauzioni sarebbe opportuno prendere?
La combustione in presenza di bassa percentuale di ossigeno è un problema serio perché in queste condizioni si sviluppa della CO e non della CO2. In un ambiente protetto da un sistema a riduzione di ossigeno è un evento da non escludere al 100%. In questo caso la persona tenderebbe a non avere percezione di quello che sta succedendo e quindi la sua intossicazione procederebbe in modo abbastanza marcato portandola alla perdita di coscienza, senza che possa fare coscientemente qualcosa per opporsi. Se ci si può aspettare che avvengano combustioni di questo tipo, un dispositivo tecnico che permetta il monitoraggio della percentuale di CO sarebbe necessario.