Per conservare materiali biodegradabili, siano essi prodotti ortofrutticoli, la cellulosa di testi antichi o la tela di opere d’arte, una tecnica ormai consolidata è quella di conservarli in ambienti in cui il tenore di ossigeno sia ridotto, in maniera da rallentare metabolismo e reazioni ossidative. In linea teorica il principio è semplice. Dato un locale in cui gli scambi gassosi con l’esterno sono controllati in quantità e qualità – impermeabilizzazione e analisi – l’aria viene fatta passare attraverso un “filtro” che separa l’ossigeno dall’azoto.
Le diverse tecnologie di separazione sfruttano generalmente la differenza di velocità con cui i diversi gas attraversano delle pareti permeabili di un condotto ovvero la capacità di filtri – come quelli ai carboni attivi – che in particolari condizioni di pressione sono in grado di assorbire o rilasciare l’ossigeno; i gas che attraversano più velocemente la membrana si separano, ridiucendo il loro contributo alla miscela che scorre nel condotto principale. Estraendo così l’ossigeno, ed espellendolo dall’ambiente chiuso, l’azoto, all’interno dello spazio controllato, sale a valori prossimi all’85%.